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Una serata al Pradidali: la storia della fessura Buhl

Racconti dalle Pale

Credo che alcune esperienze ti arricchiscono talmente tanto che non puoi tenerle solo per te, le devi condividere per forza.

È l’8 settembre, e mi trovo al rifugio Pradidali. Pernotterò qui questa notte, prima dell’ascesa di domani. Ho scelto una classica via: la fessura Buhl, ritenuta difficile per la tipologia della roccia e per la sua verticalità, aperta dall’omonimo alpinista austriaco nel 1950. Il giorno non l’ho scelto a caso: è infatti lo stesso in cui 70 anni fa avveniva la prima salita. In rifugio si sa, due chiacchiere sono d’obbligo, il clima è amichevole e di condivisione. Ma la magia stasera è davvero speciale, perché improvvisamente ci ritroviamo tutti attorno a Duilio, il gestore del Pradidali. Attirato dalla mia scelta della data, decide di raccontarci una storia. Siamo tutti rapiti dal racconto, tutti attenti. Sembra tutto così realistico che ci sentiamo parte della cordata Arturo Brunet e Michele Gadenz, i veri protagonisti di questa storia.

Scopri il luoghi citati nel racconto

Ci siamo catapultati nel 1954. È il 28 luglio, la sera che precede la salita. I due studiano la via scritta da Buhl in tedesco, ma sfugge loro un passaggio, per una difficoltà nella traduzione. La sveglia suona alle 5.00, ma la partenza si posticipa di 3 ore. Arturo si perde in chiacchiere con due francesi conosciuti la sera prima. Si parte per l’avvicinamento. Il primo tratto sulla Simon-Wiessner liberi, poi all’attacco della via si legano. Parte Arturo, ma già si presentano le prime difficoltà, dopo due metri vola una volta, poi un’altra ancora. Dice che mancano appigli, così Michele sale e pianta un chiodo. Ora il compagno può ripartire. Si invertono i ruoli proprio sotto il grande strapiombo, il passaggio che non si era riuscito a comprendere la sera prima leggendo gli appunti di Buhl. Non sanno se aggirarlo o affrontarlo. Decidono per la seconda opzione.

A capo della cordata in questo momento si trova Arturo che, superato l’ostacolo, estrae delle pastiglie per darsi forza e ne mangia un paio. Le offre a Michele che le rifiuta. Una cosa chimica di cui non conosco gli effetti? Mai! La sua scelta risulta essere la migliore. Arturo infatti comincia a impallidire, non si sente bene. Risalgono una parete liscia, su cui risulta difficile piantare dei chiodi, ma Arturo continua a chiedere a Michele di fissarli.

Arrivati alla cima un forte temporale li assale, e con esso un grande freddo, bagnati quanto sono. Dovranno attendere le 3 del mattino per far rientro al rifugio, loro compagna sarà la neve. Finalmente riescono a raggiungere il rifugio, e siamo talmente presi dal racconto che ci sembra di sentire il senso di sollievo che devono aver provato Brunet e Gadenz una volta oltrepassata la soglia! Ci mettiamo tutti a ridere quando ascoltiamo che la prima cosa che Arturo disse fu: “Che fame che ho! Mangerei una bella bistecca!”

In quota, al riparo in un rifugio, l’atmosfera è così magica che poter ascoltare questi racconti ha un fascino difficile da descrivere. Grazie Duilio!

Alle ore 5.00 del 9 settembre, è il nostro turno: io e il mio compagno siamo pronti a ripercorrere l’impresa di Buhl, arricchiti dal racconto dell’esperienza di Brunet e Gadenz. Un’unica raccomandazione: nessuna pastiglia in quota!

Un'esperienza indimenticabile che unisce storia, amicizia e la passione per l'arrampicata.

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